Vie della meditazione by Paolo Branca & Federico Dal Bo & Valentina Duca

Vie della meditazione by Paolo Branca & Federico Dal Bo & Valentina Duca

autore:Paolo Branca & Federico Dal Bo & Valentina Duca [Branca, Paolo & Bo, Federico Dal & Duca, Valentina]
La lingua: ita
Format: epub
Tags: i Robinson / Letture
editore: Editori Laterza
pubblicato: 2024-04-15T00:00:00+00:00


Esicasmo: la via contemplativa dell’Oriente cristiano

Fin dal mattino siedi su uno sgabello alto una spanna, porta l’intelletto dalla sede mentale del principio direttivo al cuore, e là tienilo stretto. Curvato penosamente, con forte dolore del petto, delle spalle, del collo, grida con perseveranza col pensiero o l’anima: «Signore Gesù Cristo, abbi pietà di me!» [...] «Figlio di Dio, abbi pietà di me».

Gregorio Sinaita126

Hesychia è parola chiave nella tradizione monastica orientale. Si riferisce, come visto parlando dei padri del deserto, a uno stato di quiete, sia esterna (la vita di silenzio e solitudine del monaco) sia interna (la pace che proviene dalla custodia del cuore e dal discernimento dei pensieri). Suo fine è l’unione con Dio e chi la coltiva è detto, nella tradizione monastica orientale, un esicasta. Il termine, tuttavia, nei secoli ha assunto connotazioni più specifiche, designando da un lato un monaco che vive una più rigorosa scelta di solitudine (in eremo o skete), dall’altro uno specifico movimento spirituale del XIV secolo, legato soprattutto alla figura di Gregorio Palamas (1296-1359), forse discepolo di Gregorio Sinaita (1255 ca.-1346). Radicato in scritti precedenti, questo movimento mette al centro dell’esperienza contemplativa la pratica della «preghiera di Gesù» o «preghiera del cuore», ossia la ripetizione della formula «Gesù Cristo, figlio di Dio, abbi pietà di me peccatore», o simili. Fine della preghiera è condurre alla nepsis e alla prosoche, vigilanza e attenzione interiori che permettono l’unione con Dio. Il penthos, stato di compunzione e pentimento, è anch’esso essenziale nella via esicasta. La ripetizione della preghiera è spesso ritmata sul respiro e il battito del cuore. Essa non è meccanica: bisogna immergersi nel senso delle parole, che ricordano quelle del pubblicano al tempio (Lc 18, 9-14), il quale, a differenza del fariseo, è consapevole della propria povertà. Gregorio Palamas, monaco athonita, si trovò nel XIV secolo a difendere questa pratica tramandatagli dai suoi maestri dell’Athos e attaccata dal calabrese Barlaam, che accusava gli esicasti di voler vedere l’invisibile e di concentrarsi, in realtà, sul proprio ombelico. Palamas sistematizza la tradizione precedente sulla preghiera e l’incontro con Dio cui essa conduce. È, questa, un’esperienza di luce increata che appare nell’anima di colui che prega. Entrare in contatto con questa luce trasfigura il soggetto. Egli non arriva a vedere Dio, che rimane mistero inaccessibile (l’«essenza» secondo Palamas), ma fa esperienza delle sue «energie», ossia della sua azione verso la creatura. Questa esperienza è, però, vera esperienza di Dio nell’intenzione di Palamas e degli asceti che egli difende.

La Filocalia è il testo di riferimento per chi, nel mondo ortodosso, pratica la via esicasta. Si tratta di una collezione di scritti ascetici (IV-XV sec.) raccolti da Macario di Corinto e Nicodemo l’Aghiorita nel 1782; oltre a quelli che parlano della «preghiera di Gesù», vi si trovano testi fondamentali della spiritualità monastica orientale.

L’invocazione si recita ripetutamente, con l’aiuto di una «corda da preghiera». Il fine della ripetizione è concentrare la mente sul senso della preghiera, a esclusione di ogni altro pensiero, sia positivo sia negativo. Scrive in proposito Gregorio



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